a cura di Mascia Mancini
Flessibilità e autonomia nella scelta degli orari e degli spazi di lavoro: in breve “smart working”, il nuovo modello organizzativo già largamente diffuso nel mondo ma che, in Italia, riguarda ancora solo l’8% delle imprese.
Di cosa si tratta esattamente? Che differenza c’è con il “telelavoro”?
Ciò che definito telelavoro è quanto di più lontano esiste con il concetto di smart working perché, anche se si lavora da casa, si tratta di un’attività strettamente legata a orari e spazi prefissati. Lo Smart Working, invece, è una vera e propria filosofia manageriale innovativa che ha a che fare, prima di tutto, con l’autonomia e la responsabilità del lavoratore.
Oggi, grazie ai dispositivi mobili di ultima generazione, tablet e smartphone, alla diffusione della banda larga e delle connessioni wi-fi, ai social network e all’utilizzo del cloud per il trasferimento e l’archiviazione delle informazioni, è possibile l’approccio lavorativo ma si tratta per lo più di “strappi alla regola”.
Lasciare che i propri collaboratori individuino autonomamente luoghi, tempi e strumenti con i quali essere più produttivi, li responsabilizza e li incentiva a fare di più e meglio. Spesso, la necessità di orbitare intorno un luogo di lavoro fisso e “farsi vedere” quotidianamente dal proprio superiore, spesso si traduce in uno spreco di ore lavorative e di energie che potrebbero essere impiegate in altro modo.
Via libera ai nuovi strumenti di lavoro; lo smart working è stata la leva che ha consentito di creare un nuovo modello di organizzazione dello spazio di lavoro. Le persone lavorano a distanza, da casa, dal cliente, da un hub e possono scegliere in autonomia le migliori condizioni di lavoro, quelle in cui riescono a essere più produttive. C’è, poi, l’argomento sostenibilità: al mattino ci sono interi quartieri residenziali che si svuotano congestionando i quartieri del terziario. Molte grandi società hanno dimostrato che potrebbe non essere più necessario. E poi la sharing company. I layout non fissano più la postazione di Mario Rossi, le scrivanie diventano condivise, in alcune aziende si possono prenotare, in altre ci si appoggia dove si trova spazio, si diffondono nuove policy: sharing desk, sharing room. Questo nuovo modo di lavorare necessita di nuovi modelli di leadership ma ha un effetto molto forte sulla produttività. Per chi fa smart working può aumentare anche del 20%.
Secondo le stime dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, l’adozione, in Italia, di modelli di lavoro “smart” potrebbe aumentare la produttività delle aziende per un valore di 27 miliardi di euro e ridurre i costi fissi di 9 miliardi di euro.
Il futuro, quindi, consisterebbe nell’abolizione dell’ufficio come luogo di lavoro? In realtà, questo spazio rimane un centro operativo e di incontro importante per l’impresa ma deve essere ripensato e riorganizzato per venire incontro alle esigenze degli “Smart Workers”. Non più grandi open space indifferenziati per tutte le attività: occorrono, da una parte, luoghi deputati alle riunioni e ai brainstorming e, dall’altra, ambienti più isolati per concentrarsi o effettuare telefonate importanti o videoconferenze.
Non è necessaria, ovviamente, una postazione per ogni lavoratore e, in genere, un ufficio “smart” riduce gli spazi inutilizzati di circa il 40-50%.
Che ne dite del futuro?