formazione e qualità, le azioni strategiche
 
 
 

A cura del Dott. Gianluigi Marchionni

Formazione e qualità, le azioni strategiche


Bisogna dire che il primo pensiero di chi è seduto al tavolo di un ristorante o di chi è davanti al banco di un negozio di alimentari va sicuramente al sapore del piatto che sta ordinando o del cibo che sta acquistando. I più attenti alla loro silhouette si mettono a ragionare sul valore calorico dei cibi o se quel determinato tipo di alimento è consentito nella loro dieta. Ma perché si possa continuare a preoccuparsi prevalentemente del gusto o di aspetti prettamente nutrizionali devono essere rispettate una serie di regole per assicurare la salubrità dei cibi, regole che riguardano il produttore, chi deve controllarlo e anche il consumatore stesso. Queste regole sono state in massima parte fissate dall’Unione Europea e sono vincolanti per tutti gli Stati membri e anche per i Paesi terzi che vogliono esportate i loro prodotti nell’Unione. Traendo esperienza dai passati scandali alimentari – morbo della “mucca pazza” e diossina in testa – l’Unione ha rivisto il proprio quadro normativo sulla sicurezza alimentare, facendo chiarezza su aspetti lacunosi come ad esempio la responsabilità per ogni fase produttiva della filiera alimentare, introducendo concetti di valutazione del rischio e istituendo l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare con sede in Parma.

Cosa molto importante è quella dell’organizzazione del controllo ufficiale nel settore della sicurezza alimentare e della salute e benessere animale che prevede una funzione di indirizzo, programmazione, coordinamento e verifica svolta dall’Assessorato Regionale alla Sanità, attraverso il Servizio Veterinario e Igiene degli alimenti. La realizzazione degli interventi di controllo è affidata alle Aziende Sanitarie Locali (Asl) attraverso i Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione e le Aree Dipartimentali di Sanità Pubblica Veterinaria (strutture operative territoriali del Dipartimento di sanità pubblica). Rientrano in tale organizzazione dei controlli ufficiali anche le attività di analisi dei campioni e di affiancamento sul campo delle Asl, svolte da Arpam e Istituto Zooprofilattico.

Per far si che questa azione di controllo sia efficace necessita mettere in atto una massiva attività di formazione degli operatori addetti al controllo e gli “auditor”.

Il personale così formato sarà in grado di eseguire con competenza audit sugli operatori del settore alimentare, garantendo al contempo un migliore livello di efficienza ed efficacia nell’esecuzione dei controlli e uno standard operativo omogeneo sul territorio regionale.

In qualche regione per dare seguito a quanto disposto dal regolamento CE sulle modalità di esecuzione del controllo ufficiale – e più precisamente al punto in cui si stabilisce che il controllo ufficiale deve essere eseguito periodicamente e con frequenza appropriata al rischio dell’impresa alimentare – uno specifico gruppo di lavoro ha individuato una griglia per la categorizzazione del rischio di ogni operatore del settore alimentare. Lo strumento di lavoro è attualmente in fase di sperimentazione e, una volta utilizzato con regolarità, consentirà di definire classi di rischio per i differenti settori produttivi regionali.

Il sistema informativo integrato Regione, Asl e laboratori pubblici partendo dal presupposto che senza un adeguato sistema informativo regionale fosse difficile svolgere una programmazione idonea delle attività e una puntuale verifica dello stato di avanzamento dei piani di lavoro e del livello di raggiungimento degli obiettivi fissati, si è lavorato per integrare i sistemi informativo-informatici esistenti in Asl e nei laboratori ufficiali di Arpa e Istituto Zooprofilattico per ridurre i tempi e gli errori nell’accettazione dei campioni e nella refertazione degli esiti di laboratorio. Si è anche operato per migliorare la qualità del dato stabilendo un sistema omogeneo di registrazione dell’attività di controllo eseguita e delle non conformità riscontrate, oltre a un unico verbale di campionamento.

Secondo la dottrina la «sicurezza alimentare» presenta un duplice significato e cioè quello di «sicurezza alimentare quantitativa», con l’obiettivo di risolvere il problema della fame e delle forme di sperequazione alimentare, e quello di «sicurezza alimentare qualitativa», che risponde a esigenze di commercializzazione e di tutela della salute. Secondo tale orientamento dottrinario, nelle società meno evolute è prevalente il problema della quantità alimentare, mentre nelle società avanzate sussiste la questione relativa alla qualità alimentare. In riferimento a quest’ultimo profilo, gli alimenti presentano numerosi rischi per la salute delle persone, a seguito della globalizzazione dei mercati e del continuo progresso tecnologico, che perseguono lo scopo di ottenere al minore costo alimenti «non convenzionali», sostitutivi di quelli tradizionali.
In tale ambito, le nuove conoscenze e le innovazioni tecnologiche hanno diversificato i prodotti alimentari, ed al contempo hanno aumentato il rischio derivante dal consumo dei prodotti alimentari. Inoltre, nei Paesi industriali si assiste ad uno sfruttamento delle risorse naturali e ad una situazione di incertezza nei mezzi di ricerca e di controllo, in quanto non è possibile prevedere, né verificare, né quantificare, le conseguenze derivanti dall’utilizzo di tali tecnologie nella produzione alimentare. Inoltre, la presenza sul territorio di aree a elevato impatto ambientale e la presenza di contaminanti può determinare un ulteriore rischio per i consumatori. Gli effetti nocivi dell’utilizzazione delle moderne tecnologie si possono manifestare a distanza di tempo, a seguito di continue esposizioni a sostanze o ingestione di alimenti, in modo che minime dosi potrebbero ledere la salute a seguito di un periodo di latenza.

A tale stregua, negli ultimi anni si è affermata una dimensione etica dell’alimentazione, che ha portato a una maggiore attenzione alle modalità di produzione e di consumo del cibo, nel rispetto della tutela della salute, della qualità degli alimenti e delle dinamiche commerciali europee e internazionali. Dal lato dei consumatori si è diffusa una coscienza di acquistare prodotti che riducano al minimo i danni alla salute e un forte timore nei confronti delle nuove forme di intervento dello sviluppo tecnologico in tale settore. Dal lato dei produttori alimentari è stata avvertita una maggiore attenzione nella cura dell’intero percorso dell’alimento, dalla produzione secondo «Buone Pratiche Agricole», alle modalità di approvvigionamento, di lavorazione nelle fasi di condizionamento, fino alla conservazione, trasformazione e alla distribuzione attraverso la «tracciabilità di filiera». Tale obiettivo ha portato a un incremento dell’impegno nella vigilanza, nella valutazione dei rischi e nella revisione delle sostanze utilizzate.

Dopo tali precisazioni, è necessario esaminare l’iter di individuazione del rischio.

Nella prima fase il rischio è individuato attraverso la valutazione della probabilità e della gravità dell’effetto nocivo dell’alimento o del mangime sulla salute, derivante dalla presenza di un pericolo. Tale individuazione del risk assessment è effettuata attraverso una procedura su base scientifica, che valuta l’esposizione al pericolo e al rischio, la probabilità e la gravità dell’effetto nocivo per la salute. Tale controllo è effettuato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ove convergono le comunicazioni degli Stati membri o delle Autorità nazionali, dei consumatori, delle imprese alimentari, della comunità accademica e degli interessati alla sicurezza alimentare.

A seguito della valutazione del rischio, la Commissione Europea gestisce il rischio (risk management) secondo il principio di precauzione e la valutazione delle informazioni disponibili e dei possibili effetti dannosi alla salute, attraverso l’analisi tra le alternative d’intervento e l’adozione di misure restrittive e di appropriate scelte preventive e di controllo a tutela della salute.
Infine, vi è la fase della comunicazione del rischio, attraverso lo scambio di informazioni e di pareri tra i responsabili della gestione, i consumatori, le imprese alimentari ed altri interessati, relativi agli elementi di pericolo e ai rischi rilevati. Al fine di favorire la coordinazione tra le imprese e le autorità competenti degli Stati membri, il sistema di sorveglianza «Rapex» favorisce l’intervento delle autorità di controllo in situazioni urgenti di rischio per la salute del consumatore. Le comunicazioni rapide costituiscono un ulteriore strumento di valutazione di eventuali rischi. Al fine di notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute derivanti dal consumo di alimenti o mangimi è stato istituito il sistema rapido di allerta comunitario (RASFF), una forma di rete a cui partecipano la Commissione Europea, l’EFSA (Autorità per la sicurezza alimentare) e gli Stati membri dell’Unione. Il sistema di allerta comunitario ha fondamento nella Direttiva 92/59/CEE del Consiglio europeo recepita con il decreto legislativo n. 115/1995, relativa alla sicurezza generale dei prodotti, e nel regolamento CE 178/2002, che stabilisce i principi ed i requisiti della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa le procedure relative alla sicurezza alimentare. Il flusso delle «allerte» deve essere completo e tempestivo, attraverso notifiche comunicate e condivise tra gli Stati membri in rete e in tempo reale. L’attività del sistema di allerta prevede il ritiro di prodotti pericolosi per la salute umana o animale.

A livello nazionale, il Ministero della salute svolge delle funzioni di programmazione, di indirizzo e di coordinamento nell’ambito del controllo degli alimenti. Al riguardo è effettuata una relazione annuale, a oggetto le informazioni relative alle attività svolte nell’ambito del Piano Nazionale Integrato dei Controlli, in applicazione del Regolamento (CE) 882/2004, ed i controlli a tutela della salute dei consumatori, del benessere degli animali e delle piante ed a garanzia delle pratiche commerciali leali per i mangimi e gli alimenti.
Il regolamento n. 178 del 2002 prevede ulteriori obblighi di sicurezza, quali l’obbligo di «rintracciabilità», introdotto, per il comparto delle carni bovine, a seguito della «crisi della mucca pazza» (regolamento n. 1760/2000/CE). Il regolamento n. 178/2002 ha previsto tale obbligo della rintracciabilità per gli operatori professionali del settore, come strumento di sicurezza alimentare, al fine di procedere a «ritiri» mirati ad informare i consumatori o i responsabili dei controlli. Secondo l’approccio «un anello a monte e un anello a valle» (one step back, one step forward) è necessaria la predisposizione dei sistemi e delle procedure di controllo al fine di individuare «chi abbia loro fornito cosa» e le imprese a cui sono stati forniti i prodotti. La rintracciabilità prevista nel regolamento n. 178/2002 riguarda il flusso di materie prime e le componenti all’interno del processo produttivo di una singola impresa alimentare. A tale stregua, questa normativa agevola l’individuazione dell’operatore tenuto all’osservanza delle disposizioni regolamentari a tutela della sicurezza del prodotto alimentare e dell’obbligo di comunicare l’eventuale situazione di pericolo ai consumatori o a chi spetta di ritirarlo dal mercato. In particolare, il sistema di rintracciabilità previsto dalla normativa in esame consente di individuare il responsabile del pericolo prodotto e del danno cagionato e, in riferimento agli alimenti importati dai Paesi terzi, prevede la possibilità di adottare, a tutela della salute pubblica, della salute degli animali e dell’ambiente, appropriate misure d’emergenza a livello dell’Unione per gli alimenti e i mangimi importati da un Paese terzo, qualora il rischio non possa essere adeguatamente affrontato con misure adottate dagli Stati membri.

Da quanto esposto emerge l’intento del legislatore di coordinare gli interessi dei produttori di alimenti con l’interesse dei consumatori a un’alimentazione sana e sicura, attraverso la disciplina delle singole fasi di produzione e dei comportamenti dei singoli operatori in tale settore e la previsione di meccanismi di controllo e di una rete d’informazione in grado di coinvolgere i singoli Stati membri nell’attuazione di tale sicurezza alimentare.